Fausto Amalberti
Soldano 1857: dalla vecchia alla nuova parrocchiale (2007)

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Le foto delle parrocchiali (vecchia e nuova) sono qui

A metà dell'Ottocento a Soldano si costruisce una nuova chiesa parrocchiale intitolata a San Giovanni Battista che viene consacrata al culto da Lorenzo Battista Biale, vescovo di Ventimiglia, l'11 ottobre 1857.
Vediamo come si arriva alla decisione di "abbandonare" la vecchia chiesa per costruirne una nuova.
L'antica chiesa parrocchiale, anch'essa intitolata a San Giovanni Battista, era stata eretta presumibilmente nella seconda metà del Quattrocento; il primo documento in cui è citata, anche se in modo indiretto, è un atto del 18 marzo 1497 con il quale i fratelli Antonio, Luca e Stefano Amalberti di Soldano vendono un terreno in località la gomba sive Sancto Iohanne che confina in pede con una terra ecclesie Sancti Iohannis de Soldano(1). Nel 1518 la chiesa possiede già un polittico che è indicato a modello dagli abitanti di San Biagio all'atto di commissionare al pittore Andrea della Cella un quadro per la loro parrocchiale(2).
Oggi l'architettura originale è difficilmente leggibile a causa della successiva trasformazione in casa di civile abitazione con la sopraelevazione di diversi piani. Per capire la struttura originaria del manufatto dobbiamo quindi ricorrere alle testimonianze dell'epoca in cui era ancora funzionante. Don Giuseppe Morscio di Dolceacqua, che amministra la parrocchia dall'11 novembre 1853 alla fine del 1862, nel periodo di transizione dalla vecchia alla nuova chiesa, subito dopo aver preso possesso della parrocchia scrive una piccola memoria, nella quale fra le altre cose descrive le chiese del paese, che ci permette di capire come fosse strutturato l'edificio(3).
Nel Quattrocento Soldano, San Biagio e Vallecrosia formavano una parrocchia unica e le funzioni parrocchiali erano gestite dalla chiesa ubicata presso il cimitero di San Biagio. Inizialmente la chiesa di Soldano viene edificata come un piccolo oratorio per consentire agli abitanti del paese, che non potevano recarsi presso la parrocchiale, di poter pregare sia nei giorni feriali che in quelli festivi. Non sappiamo quando Soldano sia diventata una parrocchia indipendente anche se è probabile che ciò sia avvenuto nel 1610, anno in cui abbiamo notizia della residenza stabile del parroco.

Parroci della chiesa di San Giovanni Battista di Soldano (1610-1912)(4)

1610-1661 Comparisce in quest'anno come parroco don Bernardino Cassini, convien dire che morisse vecchio, dopo la cura d'anni 51.
1662-1666 Entrò nella cura don Pietro Antonio Amalberti; probabilmente questi era del paese morì dell'età di 67 anni, di sua cura 4.
1667-1698 Don Gerolamo Aprosio oriondo di Vallecrosia, morì all'età d'anni 66, di sua cura 23.
1699-1703 Don Giovanni Battista Soldano, costui era probabilmente del paese, morì in età d'anni 42, di sua cura 5.
1704-1743 Don Francesco Biancheri, probabilmente era costui oriondo di Borghetto, morì d'età d'anni 84, di sua cura 40.
1744-1754 Don Giacomo Molinari, probabilmente era costui oriondo del paese, morì dell'età d'anni 50, di sua cura 11.
1755-1760 Don Bernardino Secondo Biamonti, probabilmente oriondo di San Biagio, fu economo per anni 6.
1761-1765 Don Giacomo Amalberti. Era questi della famiglia Amalberti di Soldano, ma la linea diretta di esso è spenta già da tempo. Essa era famiglia signorile, abitava nella casa posta sopra la fontana del paese, che ora è passata ad una linea collaterale dello stesso casato. Era di parenti pii, e suo padre signor Bernardino lasciò memoria di sua pietà nel dono che fece alla chiesa dell'ostensorio grande d'argento. Don Giacomo poi dopo aver governato questa chiesa per pochi anni fu traslocato ad essere arcidiacono della cattedrale di Ventimiglia. Egli pure fu imitatore della pietà de' suoi avi, e lasciò in dono a questa chiesa il calice d'argento solenne.
1766-1773 Don Antonio Francesco Amalberti probabilmente anch'esso oriondo del paese fu economo per anni 8.
1774-1798 Don Giovanni Soldano. Era questi oriondo della famiglia Soldano del paese prossimo parente del benefattore che lasciò la sua eredità al parroco del luogo. Era da prima alla cura della chiesa di Vallebuona passò al governo di questa chiesa, allorquando ebbe effetto il testamento del pio benefattore. Rinunziò per vivere vita privata nella città di Ventimiglia. Questo parroco fece sfondare il suolo della chiesa sul piano del piazzale e la fece lastricare di chiappe di lavagna.
1799 Don Giuseppe Gazzano oriondo di Colla frate, morì in età d'anni 50 dopo un economato d'anni 1.
1800-1801 Don Giovanni Curti fu economo per anni 2. Era questi oriondo di Vallecrosia morì parroco di Penna nell'anno 1853 in età assai avanzata.
1802 Don Giovanni Battista Maccario, morì dell'età d'anni 62, oriondo di San Biagio, fu economo per anni 1.
1803 Don Filippo Maccario oriondo del paese, fu economo per anni 1.
1804-1812 Don Castellari, un cappuccino della provincia di Albenga comune di Aighego [Acquetico - Pieve di Teco]. Dopo la soppressione dei conventi in tempo del governo Francese il padre Castellari andò a fare il parroco in Bevera soccorsale di Ventimiglia, poscia fu traslocato qua in Soldano. Rinunziò dopo la cura d'anni 9.
1813-1845 Don Giovanni Battista Molinari di San Biagio, morì in cura dell'età d'anni 81. Fu economo e poi parroco per anni 33. Quattro o cinque anni pria della sua morte gli fu dato per coadiutore il sacerdote giovane don Filippo Garaccione, che poi in seguito prese la cura. Per non starsi ozioso in casa tutto il giorno si occupava nell'insegnare a leggere alle figlie del paese, e di qui è che cominciassi a mettere nel sesso femminile un poco d'emulazione per la coltura dello intelletto e dello spirito.
1846-1852 Don Filippo Garaccione. Egli era oriondo di Apricale e appartenente a una famiglia florida per ricchezze, ed anche per impieghi occupati da un suo fratello nella via giudiziaria. Finito il tempo di coadiutore divenne parroco assoluto ed essendovi durato in cura sino al principio del 1852 ha fatto molto bene a questa parrocchia. Promosse il decoro della chiesa di Dio con provvederla di tapezzeria di damasco rosso per adornarla nelle solennità, ed altri apparati per uso degli altari e per la celebrazione della Santa Messa. Eresse il primo pulpito nella chiesa per poter più efficacemente tuonare contro dei vizi, e vi si occupava nei giorni festivi con lunghe ed infuocate predicazioni. Rinunziò dopo una cura d'anni 7.
1853-1862 Don Morscio Giuseppe da Dolceacqua. Io amministrai la parrocchia per un anno e tre mesi come economo, poscia ne presi il possesso li 13 novembre 1853 con intenzione di servire alla popolazione nella costruzione della nuova chiesa ch'era imminente, vi stetti a tutto l'anno 1862 e poscia sentendo aggravarmi dalla fatica della scuola, parrocchia ed altro, credei ritirarmi, dopo aver fabbricata la nuova chiesa, campanile e sacristia con canonica.
1863-1865 Dopo il reverendo Morscio resse la parrocchia di Soldano per soli tre anni il sacerdote don Giambattista Montaldo da Ventimiglia, il quale dopo di avere governato per vari anni la parrocchia di Castel Vittorio, venne fatto canonico della Cattedrale di Ventimiglia.
1866-1871 Fra Pasquale Bottau dei minori riformati economo parrocchiale.
1872-1903 Dopo il Montaldo resse la chiesa per ben trentadue anni il parroco don Rossi Gio. Pietro da Montalto Ligure. Lasciò la parrocchia per andare arciprete a Montalto Ligure, suo paese natio.
1903-1912 Don Giuseppe Allavena nato in Pigna il 30 agosto 1876. Succeduto a don Rossi il 21 novembre 1903, resse la chiesa fino al 23 ottobre 1912. Il 1° novembre 1912, in seguito a regolare concorso, andò prevosto canonico nella chiesa collegiata di Castellaro Ligure.

Nel corso degli anni l'edificio subisce diversi ampliamenti, originariamente è orientato lungo l'asse est-ovest con entrata a levante (verso il torrente Verbone), in seguito, verso la fine del '500, a causa del progressivo incremento demografico, la piccola chiesa non riesce più a contenere la popolazione del paese(5) e si rende pertanto necessaria una radicale ristrutturazione; la superficie del fabbricato viene pressoché raddoppiata con l'aggiunta di un corpo verso mezzogiorno con conseguente riorientamento dell'asse in direzione sud-nord e spostamento dell'ingresso sul lato sud. È ragionevole supporre che in tale occasione siano stati eretti anche il campanile, la sacrestia e la canonica, contigui alla nuova costruzione.
Secondo la testimonianza di don Morscio sul "battente della porta" della chiesa era impressa la data 1594 che, non potendo certo riferirsi alla fondazione, presumibilmente indicava l'anno in cui furono eseguiti i lavori di ampliamento. Da ultimo viene aggiunto il coro, la modifica, sempre a detta del Morscio, era facilmente leggibile ancora a metà Ottocento per via delle cornici che erano di ordine diverso da quelle che sostenevano la volta della navata.
Visto che attualmente sopra il portale dell'oratorio, intitolato a San Giovanni Evangelista, è collocata una lastra recante l'iscrizione: "15 B IESVS MARIA B 94", cioè con lo stesso anno dell'antica parrocchiale, è plausibile che il manufatto sia stato recuperato dallo smantellamento dalla vecchia chiesa e reimpiegato per adornare l'entrata dell'oratorio. Anche se la certezza potrebbe venire solo dalla consultazione dei registri della fabbriceria della chiesa e dell'oratorio, la nostra ipotesi è suffragata da diversi elementi:
 
• l'architrave con l'epigrafe non è pertinente al portale, infatti un doppio architrave non è molto credibile, se lo scultore avesse voluto inserire un'iscrizione con una data, probabilmente l'avrebbe inclusa nell'architrave del portale;
• gli unici elementi figurati del portale in ardesia decorato a fogliami, che incornicia la porta dell'oratorio, sono due teste all'antica di guerrieri che mal si conciliano con un portale di chiesa; l'iconografia farebbe quindi pensare al reimpiego di un elemento costruito per un edificio civile, anche se decorazioni "profane" non sono del tutto aliene in edifici religiosi(6).
• infine nelle memorie di don Morscio, nelle quali è descritto anche l'oratorio, non si fa menzione ad iscrizioni; presumiamo pertanto che la lastra con la data sia stata sistemata nella posizione attuale solo dopo il 1853, cioè posteriormente alla scrittura delle memorie e dopo l'erezione della nuova chiesa, in un progetto di "armonizzazione" dell'intera piazza, quando viene completamente rifatta anche la facciata dell'oratorio con l'aggiunta del portale, dell'architrave con la data e la costruzione della cimasa con campana, che ripete in miniatura quella della parrocchiale(7).

 
La vecchia chiesa aveva due altari laterali, quello della confraternita del Santissimo Rosario, posto in una cappella a cornu Evangelii (a sinistra) - dove, verosimilmente, in origine era posizionato l'altare maggiore - e quello dedicato ai Santissimi Protettori San Gregorio e Sant'Antonio di Padova, che si trovava a cornu Epistolae (a destra), ed era usato anche dalle confraternite di San Giuseppe (eretta dall'economo Curti di Vallecrosia nel 1810) e del Sacro Cuore di Gesù (eretta nel 1844 dal parroco Filippo Garaccioni). La cappella del Rosario originariamente era "semplice senza ornati e guernita con quadro in tela"(8), in seguito l'altare fu spostato in avanti per poter costruire un nicchia dove inserire una statua della Madonna "fatta venire da Genova"(9); infine nel 1769 l'altare fu rifatto e adornato con stucchi, dei quali ancora oggi rimane qualche traccia.
La statua della Madonna del Rosario, databile alla seconda metà del Settecento (ante 1769) con ridipinture successive, riprende i modelli elaborati dalla scuola di Anton Maria Maragliano, ed è vicina ai modi di Agostino Storace, allievo e genero del Maragliano(10); la pala con an Gregorio e Sant'Antonio di Padova in adorazione della Vergine col Bambino, di epoca seicentesca (seconda metà), sembra abbia subito interventi in epoche successive, soprattutto per quanto riguarda la figura di San Giuseppe che sembra estranea alla struttura compositiva del dipinto, come se il suo inserimento non fosse stato progettato sin dall'inizio(11); entrambe le opere sono state ricollocate nella nuova parrocchiale nella stessa posizione che occupavano nella vecchia chiesa.
Sul lato sud-ovest della chiesa, allineato alla facciata, si innalzava un campanile "con tre buone e mediocri campane"(12), all'interno del quale c'era una gradinata che, partendo dalla base, saliva fino alle campane. A seguito dell'installazione di un orologio, acquistato dal comune, la scala fu smantellata per dare spazio ai pesi e, per accedere al campanile, fu aperto un passaggio attraverso la canonica.
Nella piazza della chiesa c'era un piccolo giardino, nel quale si trovava "un arancio si bello e grande che talvolta ha dato dieci migliaia di frutti in un anno"(13), che fu poi trasformato in piazzale quando l'albero seccò.
La canonica si trovava nella "contrada del forno", era composta di quattro stanze e uno stagio, costruite a ridosso del muro occidentale della chiesa, tra il campanile e la cappella del Rosario, e comunicava con la chiesa mediante una scala che fu chiusa a seguito dell'abbandono della canonica. Infatti nella seconda metà del Settecento i parroci trasferiscono la loro dimora nella casa posta sul Vallone o Correntina, proveniente dal legato di Giovanni Bartolomeo Soldano, ritenuta più bella e meglio esposta della canonica. L'abitazione aveva come "dipendenze" uno stagio doppio e fenile doppio nella fascia Sagrao (dove al presente si trova la nuova chiesa) che serviva ai parroci "per loro uso quando vogliono tener bestiame o per affittare ad altri in caso diverso"(14).
Ricordiamo brevemente che Giovanni Bartolomeo Soldano era un uomo facoltoso e senza eredi che con testamento del 3 novembre 1754 aveva legato:
al Reverendo Paroco pro tempore del presente luogo un pezzo di terra chiamato Follavino ... inclusovi però la fontana e pozzo ... una fascia con la casa attigua chiamata lo sacrato ... altra fascia olivata chiamata li Colari ... altra chiamata lo Colareo con li due boschi attigui ... altro pezzo di terra diviso in due parti chiamato la Carcheira con stale et un bosco chiamato Bramosa aggregato di pini grandi ... altro bosco chiamato pure Carcheira ... una fascia chiamata li Porzì ... altra fascia chiamati li Masci ... altra pure chiamata li Masci ... la casa, dove al presente habita detto testatore(15).
con la clausola che il parroco, con i proventi dei beni, dovesse celebrargli ogni anno 30 messe cantate e insegnasse a leggere e scrivere ai ragazzi del paese.
Nella prima metà dell'Ottocento quindi la situazione è la seguente: la canonica è ormai disabitata; la chiesa, nonostante i ripetuti interventi, è ancora insufficiente a contenere la popolazione(16) e avrebbe bisogno di nuovi lavori ma il paese non ha risorse per poterli effettuare. Ancora una volta interviene la "provvidenza" nella persona del dottore Giuseppe Viale che, come già aveva fatto Giovanni Bartolomeo Soldano nel 1754, lascia la propria eredità in favore della chiesa.
Giuseppe Viale era un medico di Soldano che aveva accumulato una discreta fortuna in Roma, dove era diventato famoso esercitando la professione di chirurgo; si dice che fosse il dottore di papa Pio VII(17) ma il suo nome non compare negli elenchi dei medici stabilmente al servizio del pontefice(18), riteniamo quindi che possa aver curato Pio VII solo occasionalmente. Muore a Roma nel 1837 vittima della grande epidemia di colera che colpisce l'Italia tra il 1835 e il 1837, e che nella sola Roma, dall'8 luglio al 3 novembre, provoca 9.372 casi di contagio dei quali 5.429 mortali(19). Aveva destinato i suoi beni alla costruzione di una nuova chiesa per il paese natio e all'istituzione di una cappellania "da erigersi in Soldano con alcuni obblighi ... fra i quali si annoverava quello di celebrare annue messe 72, chiamando ad essa in preferenza di ogni altro i preti della sua famiglia Viale"(20). Non sappiamo se il Viale abbia sopravvalutato i suoi averi o sottovalutato i suoi debiti, probabilmente la morte lo ha colto di sorpresa prima che potesse sistemare i suoi affari, comunque al momento del trapasso l'unico bene stabile che possiede è una casa, posta a Roma in via di Santa Lucia della Tinta, mentre risultano ancora da saldare diverse passività.
Soldano e Roma si trovano in due stati diversi e, per i mezzi di trasporto e comunicazione dell'epoca, molto distanti; seguire gli interessi della chiesa di Soldano non è facile, si cerca quindi qualcuno sul posto che possa interessarsene. In un primo momento la pratica viene affidata a Francesco Gandolfi(21), un giovane sacerdote di San Remo che studia diritto all'archiginnasio di Roma. Dopo varie consultazioni col vescovo di Ventimiglia e gli abitanti di Soldano, si prende la decisione di aspettare fino al momento di aver ripianato tutte le pendenze del Viale prima di passare alla vendita dell'immobile, confidando che col tempo il valore delle proprietà sarebbe aumentato e le rendite annuali, sommate ai liquidi depositati in banca, avrebbero consentito di saldare i debiti.
Il tempo purtroppo gioca a sfavore dei soldanesi, a causa dei fermenti che attraversano l'Italia nella prima metà dell'Ottocento e la crisi economica del 1846-1847, il valore del lascito Viale continua a diminuire e dalle 20.000 lire(22), che l'amministratore del lascito prevedeva di realizzare aspettando qualche anno, scende a meno della metà alla fine 1848(23). Nell'aprile del 1848 Francesco Gandolfi, a seguito della promozione al vescovato di Antipatro (Palestina)(24) deve allontanarsi da Roma. La pratica passa al nipote, avvocato Antonio Giordani di Roma che il 18 dicembre 1848 scrive una lunga lettera a Lorenzo Biale, vescovo di Ventimiglia, per aggiornarlo circa la situazione del lascito(25). Dalla dettagliata relazione si capisce come restino ancora da saldare un debito di 300 scudi nei confronti della prelatura Passerini, 264 dei quali però sono già depositati in banca, e altre due passività per circa 200 scudi; secondo il parere del Giordani le somme potrebbero essere detratte dal prezzo di vendita della casa(26), prima di poter procedere alla vendita bisogna però risolvere due problemi: il primo è la scarsezza di liquidità, dovuta alla crisi economica, che ha fatto crollare il valore degli immobili(27); il secondo è dovuto ad una disposizione del Viale che aveva lasciato una pensione vitalizia di 60 scudi all'anno alla donna di servizio (Anna Imperiali), rendita che dopo la morte della donna doveva essere destinata ad una cappellania da erigersi in Soldano, ma che non può essere assicurata se si vende l'unico immobile che la garantisce, a meno di non accantonare una parte di quanto ricavato dalla vendita per salvaguardare il beneficio, in tal caso ai soldanesi non resterebbero che 5 o 6.000 franchi(28).
L'11 gennaio 1849 il consiglio di fabbrica e quello del comune, unitamente ai maggiorenti del paese, si riuniscono nella casa parrocchiale di Soldano e, dopo aver attentamente esaminato la lettera dall'avvocato Giordani, deliberano di procedere "senza dilazione di sorta" alla vendita della casa, riservando parte della somma alla cappellania, vista l'urgenza di sistemare la chiesa che è "indecentissima"(29).
La vicenda va ancora avanti per qualche anno in attesa del consenso della Congregazione dei Vescovi Regolari, tra difficoltà nell'effettuare operazioni finanziarie, che sono eseguite solo tramite persone fidate(30) onde evitare che la Repubblica Romana si appropri del denaro(31), mentre a Soldano la popolazione è impaziente di concludere la pratica per poter finalmente sistemare la chiesa(32).
Si arriva così al 1853 quando, superati tutti gli ostacoli burocratici, la casa di Roma viene messa all'incanto ed è venduta per una somma superiore alle aspettative; il 30 agosto il vescovo di Ventimiglia rispondendo ad una missiva dell'avvocato Giordani scrive:
Godo assai che la pratica del Soldano mediante le sue sollecite cure sia ormai vicina al suo termine, i Soldanesi non si attendevano la somma che lei segna nel pregiatissimo suo foglio del 4 andante mese, l'aumento che già si ebbe nel primo incanto e quello che ci fa ancora sperare in seguito ... li pona in grado di procurarsi una chiesa più capace e adatta ai bisogni della popolazione. In seguito a detto suo foglio ho chiamato l'attuale amministratore di quella chiesa parrocchiale e il sindaco del municipio e insieme ad essi ho pensato esser meglio depositare in Genova presso il signor Bartolomeo Parodi il denaro da cui attesa la maggiore vicinanza e le più frequenti relazioni di commercio con questa riviera sarà più facile estrarlo con parziali cambiali di mano in mano che andrà progredendo la fabbrica della chiesa(33).
Una volta alienato l'immobile romano iniziano le discussioni circa la destinazione del fondo di 7.000 franchi(34) resisi disponibili per i lavori. Il paese si divide in due gruppi: uno, composto principalmente dalle persone che abitano vicino alla chiesa, che caldeggia la ristrutturazione della vecchia parrocchiale o, in alternativa, la costruzione di una nuova chiesa al posto della vecchia; l'altro invece propende per l'edificazione in un luogo diverso in modo da poter fare una chiesa più grande e soprattutto meglio esposta. A mediare tra le due fazioni è don Giuseppe Morscio che cerca di mettere d'accordo tutti perché, vista l'esiguità del fondo disponibile, per riuscire a fabbricare una nuova chiesa è indispensabile la collaborazione dell'intera popolazione. Il parroco prova a convincere le persone che vogliono restaurare la vecchia chiesa che avrebbero "fatto gettare male il denaro e la fatica in un luogo, per la più parte dell'anno umido e fosco, senza sito di piazza e di potervi edificare canonica o case particolari"(35); probabilmente a far optare per lo spostamento della parrocchiale fu - secondo quanto tramanda la tradizione popolare - un'esondazione del torrente Verbone che danneggiò il già malandato edificio(36).
Sentiti i pareri di tutti gli interessati, compreso il vescovo e l'architetto si decide quindi di costruire la nuova parrocchiale nel posto dove si trova attualmente, anche perché parte del terreno, proveniente dal lascito Soldano, è già di proprietà della chiesa. Sorge ancora una piccola disputa circa la disposizione e la forma dell'edificio: alcuni lo vorrebbero orientato con la facciata a nord (verso il paese, come l'oratorio), altri con la facciata a mezzogiorno, ancora una volta don Morscio riesce a mettere d'accordo tutti proponendo di farla:
nella posizione attuale come quella che lascia luogo ad una piazza che porti fino all'oratorio, e prendi il sole in faccia di buon mattino per rischiararsi. In quanto al disegno il benefattore la chiese rotonda, ed la popolazione avea bisogno di uno spazio disteso, si conciliò il modo di farla quasi rotonda nel centro con tutte quelle aggiunte che ha per commodo della popolazione(37).
Nel 1855 si entra nella fase operativa, vengono comprate tre fasce di terreno, che "furono scavate apposta per fabbricarvi il corpo della chiesa"(38), mentre la parte di fascia Sagrao non necessaria alla fabbrica è venduta per 800 lire, che saranno poi impiegate per la costruzione della nuova casa del parroco, attigua alla chiesa. Il giorno di San Giovanni Battista (24 giugno 1855), il vescovo di Ventimiglia Lorenzo Battista Biale, al termine dei vespri solenni, dopo aver partecipato alla processione "che si fa coll'immagine del Santo titolare per le vie del paese, cosa davvero insolita e non mai avvenuta in altro tempo"(39), benedice la prima pietra della nuova parrocchiale.
Negli anni successivi la piazza si trasforma in un grande cantiere. Al giorno d'oggi forse pochi, fra i non addetti ai lavori, riusciranno ad immaginare di quanto materiale ci sia bisogno per costruire una chiesa e quanto sia faticoso trasportarlo sul cantiere con i mezzi del 1855. Per prima cosa serve una grande quantità di pietre, che devono essere reperite possibilmente non troppo lontano dalla fabbrica; nella cava le rocce più grandi sono frantumate grossolanamente con le mine e successivamente tagliate e rifinite dagli scalpellini. Occorrono poi altre pietre, ricche di carbonato di calcio, per fare la calce (a tale scopo sono ottimi i grossi ciottoli che si trovano nel greto del torrente). Le pietre più grosse sono frantumate e sistemate in forni scavati direttamente nel terreno, nei quali vengono "cotte" a temperature molto alte (800-1200°C) per tre o più giorni. Dopo la cottura i frammenti di pietra riducono il loro peso di circa un terzo ed assumono una consistenza porosa, abbiamo così la calce viva. Per ottenere la calce definitiva, o calce spenta, il materiale viene immerso in vasche piene d'acqua dove avviene una reazione di idratazione, accompagnata da un violento rilascio di calore (fino a 300°C), che frantuma le pietre - la procedura è detta spegnimento -, il materiale che non ha reagito durante la cottura rimane sul fondo della vasca, mentre la calce in sospensione (grassello di calce) può essere utilizzata subito in cantiere. Per fare la calce quindi, oltre alle pietre, serve anche una grande quantità di legna per cuocere le fornaci e di acqua per spegnere la calce viva; poi sono necessari: sabbia, ferri, chiodi, corde, altro legname per i ponteggi e per il tetto, mattoni, tegole ecc. Dobbiamo quindi immaginare lo spazio della piazza utilizzato come un grande deposito di pietre, sabbia e legnami mentre un via vai di persone e di muli portano i materiali affinché la costruzione proceda velocemente.
I lavori proseguono alacremente per due anni durante i quali la chiesa viene innalzata "in rustico", con la speranza di poterla intonacare e rifinire in un secondo tempo "quando vi fosse stato il commodo e i fondi"(40). Dei 7.000 franchi a disposizione 300 vanno all'architetto e 2.700 ai muratori; 2.000 sono utilizzati per acquistare i legni del tetto, i ferri, i coppi e i mattoni; altri 2.000 sono impiegati per comprare e tagliare le tavole per i ponti, i legni per cuocere le fornaci, le corde, i chiodi e tutto il materiale occorrente; a "chiunque uomo che serviva a travagliare nel suo torno erano date libre due(41) di pane, che allora costavano in tutto soldi 6 perché erano annate di carestia"(42).
La seconda domenica di ottobre (11 ottobre 1857) il vescovo di Ventimiglia, monsignor Lorenzo Battista Biale, torna a Soldano, accompagnato dal suo "Provisorio Generale" don Lepreri e dal teologo del seminario don Nicolò Roggeri, parroco di Sant'Agostino, per "benedire la chiesa eretta e dedicarla alle funzioni del sacro culto"(43) e nel pomeriggio conferisce il Sacramento della Cresima a ben 55 ragazzi del paese (30 "figli" e 25 "figlie"). Finalmente Soldano ha una nuova parrocchiale anche se disadorna e con molti lavori ancora da finire; nel 1858 per cura della "Compagnia delle figlie" si costruisce l'altare del Santissimo Rosario, e nell'anno 1860 - con le elemosine raccolte da tutte le famiglie del paese "e ricche e povere" - sono eretti gli altri tre altari. Nello stesso anno, con i fondi a ciò designati, cioè quelli ricavati dalla terra della chiesa e quelli delle antiche canoniche, si fabbricano le nuove canoniche "in rustico", mentre con i proventi della vendita della vecchia chiesa sono edificati la sacrestia e il campanile: "tutti questi lavori però furono in rustico solamente perché fatti senza l'aiuto del paese, e a forze solo dei fondi disponibili dalla fabbriceria"(44). Sul campanile inizialmente viene messa solo la piccola campana del 1741, recuperata dal vecchio campanile, cui seguono l'installazione dell'orologio nel 1861 e di due nuove campane nel 1863 (la mediana e la grande)(45).
Terminata la costruzione del complesso - "dopo aver fabbricata la nuova chiesa, campanile e sacristia con canonica in rustico" - don Morscio ritenendo di aver esaurito il suo compito e sentendosi gravato "dalla fatica della scuola, parrocchia ed altro"(46) si ritira a Isolabona; per dare alla chiesa l'aspetto attuale ci vorranno però ancora parecchi anni e l'intervento di due parroci: Gio. Pietro Rossi e Giuseppe Allavena.
Dell'attività di don Rossi abbiamo ancora ampie testimonianze in tutto il paese, l'opera più grande è senz'altro il santuario di Nostra Signora del Carmine del quale "suo è il disegno e tutte le opere di ornato, pittura e scoltura"(47). Lasciò poi dipinti in tutto il paese - soprattutto lungo le vie tradizionalmente percorse durante le processioni -, e si adoperò moltissimo per adornare la nuova chiesa:
cominciando dall'erezione di due nuovi confessionali, di due troni per l'esposizione del Santissimo, dei nuovi panchi, fece eseguire le belle statue di San Giovanni Battista, di San Luigi Gonzaga, di San Giovanni Evangelista, di Nostra Signora di Lourdes, del Rosario, del battesimo di San Giovanni, le pitture decorative del coro parrocchiale, gli Evangelisti nell'oratorio, la sagrestia, e il magnifico organo, opera del De Paoli. La facciata della parrocchia e dell'oratorio sono opera sua ... Le balaustre marmoree vennero pur fatte sotto la sua reggenza ... Organizzò le confraternite, massime quella delle figlie, che formava l'ammirazione dei paesi vicini(48).
Don Giuseppe Allavena oltre a far eseguire diverse riparazioni alla chiesa - segnatamente alla volta, all'altare maggiore e ai muri laterali - si occupa soprattutto di far risistemare la canonica e le terre del beneficio e legati parrocchiali(49). Infatti appena arriva a Soldano si rende conto che la casa parrocchiale, posta in via San Mauro, è inabitabile:
peggiore di una tana, come mi scrisse don Pietro Rossi mio antecessore, e come vidi io stesso: tetto in rovina, muri e volti coll'intonaco staccato ed ammuffito per cagione della pioggia, porte senza serratura e sconnesse, pavimento intieramente guasto(50).
In attesa che il comune faccia restaurare la casa parrocchiale don Allavene prende alloggio in una casa privata.
In seguito, considerato che il comune non aveva mai prestato attenzione alle istanze più volte rivoltegli da don Rossi, decide di vendere la casa "inabitabile" di via San Mauro ed alcune terre del beneficio "incapaci di dare un reddito anche solo equivalente alle tasse"(51), per costruire col ricavato una casa comoda e decente per l'abitazione dei parroci. Quindi sotto la sua sorveglianza fa ricostruire la canonica attuale "sulle rovine d'altra casa abbozzata da quella perla di parroco che fu don Giuseppe Morscio"(52).
A questo punto il complesso della nuova parrocchiale può dirsi veramente terminato anche se la ristrettezza di mezzi con cui è stato costruito lo porterà nel tempo ad aver bisogno di numerosi interventi di restauro; ricordiamo in particolare il lungo periodo di chiusura della chiesa negli anni '60 e, ancora ultimamente, nel 2000-2002(53).
La celebrazione del centocinquantesimo anniversario potrebbe essere anche l'occasione per ricordare degnamente ai posteri il benefattore con l'apposizione di una lapide a suo nome nella chiesa, come avrebbe desiderato fare a suo tempo don Morscio(54).


 
Ringrazio: Luigi Amalberti, Remigio Amalberti, Massimo Bartoletti, Alberto Cane, Fulvio Cervini, Giulietta Maccario, Sandra Macchiavello, Giuliano Magoni Rossi, Roberto Santamaria e Lorenzo Tacchella che con la loro preziosa collaborazione, fornendomi utili consigli, materiale documentario e fotografico hanno reso possibile la stesura del presente articolo.
 
(1) Sezione di Archivio di Stato di Ventimiglia (= SASV), Atti dei Notai di Ventimiglia, n. 61, Giovanni Ballauco, c. 41 d. L'atto non precisa se si tratta di San Giovanni Battista o Evangelista ma vista la collocazione del terreno, posto poche centinaia di metri a nord della parrocchiale, pensiamo si riferisca a quest'ultima.
 
(2) G. BRES, L'arte nella estrema Liguria occidentale. Notizie inedite, Nizza 1914, p. 55. Sul polittico di Soldano si veda: F. AMALBERTI - M. BARTOLETTI - F. BOGGERO, Il Polittico di Soldano restaurato. 5 aprile 1998, presentazione al pubblico, Soldano 1998 ("Giornale" del restauro).
 
(3) La memoria dal titolo: Transunto di varie memorie appartenenti alla Parrocchia di Soldano sotto il titolo di San Giovanni Battista raccolte insieme dal Parroco Morscio Giuseppe da Dolceacqua, è contenuta alle pp. 97-135 del Liber Confirmatorum Parochiae Soldani ab anno 1832 (Registro di Cresima 1832-1910).
 
(4) Transunto cit., pp. 115-129.
 
(5) La popolazione di Soldano passa da poco più di 100 abitanti della fine del '400, a circa 200 abitanti dell'inizio del '600. Cfr. F. AMALBERTI, Popolazione e territorio di Soldano nel secolo XVI, in Il Catasto della Magnifica Comunità di Ventimiglia. Famiglie, proprietà e territorio (1545-1554), a cura di M. ASCHERI e G. PALMERO, Ventimiglia 1996, pp. 223-231.
 
(6) Come gli stipiti del portale della parrocchiale di Castelvittorio, decorati da trofei con bucrani, cornucopie, incroci di scudi, cannoni, coppie di mostri fantastici ecc. (T.O. DE NEGRI, Il ponente ligustico incrocio di civiltà, Genova 1977, p. 230).
 
(7) Della cimasa non si fa menzione nel Transunto, dal quale risulta invece che l'oratorio "non ha né sacristia né campanile"; anche secondo il De Negri i prospetti delle due chiese sono dello stesso periodo: "La chiesa barocca con alta facciata a paraste e, sopra la cornice, una moderata cimasa a timpano e spioventi si inserisce entro una grande costruzione frontale porticata; l'oratorio sincrono con prospetto liscio e cieco, salvo il bel portale in pietra e la lunetta centrale, e la graziosa cimasa con campana che ripete in miniatura quella della parrocchia, conchiude lo "spazio" della piazza " (T.O. DE NEGRI, Il ponente ligustico cit., p. 253).
 
(8) Transunto cit., p. 101.
 
(9) Ibidem.
 
(10) R. SANTAMARIA, Le statue lignee della chiesa parrocchiale di Santo Stefano di Casella e due statue lignee di Agostino Storace in Santa Maria Assunta di Vaccarezza, in Miscellanea di studi del centro culturale del comune di Casella, Genova 1999, tav. 8.
 
(11) È plausibile che l'aggiunta sia stata fatta nel 1810 dopo la fondazione della confraternita di San Giuseppe, ma forse solo un restauro potrebbe sciogliere questo dubbio.
 
(12) Transunto cit., p. 109.
 
(13) Ibidem, p. 105.
 
(14) Ibidem, p. 108.
 
(15) SASV, Notaio De Rossi Giuseppe Agostino, f. 372, atto n. 34. Testamento di Giovanni Battista Soldano fu Pietro del 3 novembre 1754.
 
(16) Nel 1802 il paese ha 272 abitanti (Archivio di Stato di Genova, Repubblica Ligure, n. 75, Quadro della Popolazione nella Giurisdizione delle Palme, 3 agosto 1802), che diventano 432 nel 1854 (G. STEFANI, Dizionario Corografico degli Stati Sardi di Terraferma, Milano 1854, p. 1035), mentre dai censimenti del 1871 e 1881 risultano rispettivamente 479 e 528 abitanti (Nuovo Dizionario dei Comuni e Frazioni del Regno d'Italia, Torino 1896).
 
(17) "Viale Giuseppe, fisico eruditissimo ... Fu medico di Pio VII. Inventò un farmaco infallibile per la cura dei cancri uterini" (N. ORENGO, Ventimiglia e dintorni, Torino 1922, p. 96); "Viale Giuseppe, fisico archiatra di Pio VII, autore di un rimedio contro il cancro uterino " (D. TAGGIASCO, Bordighera e dintorni, Torino 1934, p. 165).
 
(18) Biblioteca Apostolica Vaticana, Ruolo de' Famigliari di Sua Santità e del Sacro Palazzo Angelico Pio VII, n. 407, c. 11r.; n. 409, cc. 8v.-9r.; n. 410, cc. 10v.-11r.; n. 411, cc. 7r.-8r.
 
(19) La storia d'Italia, 25, Cronologia, Roma 2006, p. 51.
 
(20) Archivio della Curia di Ventimiglia (= ACV), filze Diversorum, n. 153.
 
(21) Nato a San Remo (diocesi di Ventimiglia) il 2 novembre 1810, ordinato sacerdote il 13 giugno 1835, si laurea in utroque nell'archiginnasio romano il 21 luglio 1842. Esaminatore prosinodale, provicario e, quindi, vicario generale della diocesi Sabinense, rettore del seminario di Magliano (Hierarchia Catholica medii et recentioris aevi sive summorum pontificum, S.R.E. cardinalium, ecclesiarum antistitum series, 8, A pontificatu Pii pp. IX (1846) usque ad pontificatum Leonis pp. XIII (1903), per R. RITZLER et P. SEFRIN, Padova 1978, p. 110).
 
(22) "attenendosi ... di differire cioè per decorso d'anni sei si sarebbero avute in contanti lire 20000" (ACV, filze Diversorum, n. 153).
 
(23) Ibidem.
 
(24) Consacrato a Magliano dal cardinale Giacomo Luigi Brignole, vescovo di Antipatro (Palestina) dal 14 aprile 1848 al 24 settembre 1868. L'8 gennaio 1855 è nominato vescovo assistente al soglio pontificio. Trasferito alla diocesi di Tarquinia e Civitavecchia dal 24 settembre 1868, a seguito di sue dimissioni (gennaio 1882), viene nominato, il 24 dello stesso mese, vescovo di Dolichen (Siria). Muore a Roma il 22 febbraio 1892 (Hierarchia Catholica cit., pp. 110, 227, 248).
 
(25) "Dopo la sua promozione al vescovato di Antipatro in partibus e la sua destinazione a suffraganeo di Sabina mio Zio dovendo lasciare Roma mi affidò l'incarico di vigilare gli interessi di cotesta Chiesa parrochiale di Soldano" (ACV, filze Diversorum, n. 153).
 
(26) "si potrebbe difalcare quella partita dal capitale che mi lusingo resterebbe ancora ad onta di questa diminuzione di un 10000 franchi, somma come ella mi disse sufficiente per restaurare la chiesa di Soldano" (Ibidem).
 
(27) "La prima di esse è temporanea e consiste nella attuale scarsezza di numerario che ha arrecato una grave diminuzione nel valore delle proprietà fondiarie e che in caso di vendita renderebbe oggi scarso il numero degli oblatori" (Ibidem).
 
(28) "d'altronde se si detraesse dal prezzo della casa la dote della Cappellania appena resterebbero nella migliore ipotesi cinque o seimila franchi, somma certo adeguata per eseguire nella Chiesa un sostanziale miglioramento" (Ibidem).
 
(29) "senza dilazione di sorta addivenga alla vendita, ed alienazione della casa unico stabile dell'eredità Viale, persuasi che la somma di cinque o sei mila franchi, che come accenna ne risulterà, se non alla costruzione d'una nuova chiesa, sarà sufficiente all'ampliazione, e ristoramento dell'attuale che come già più volte si è esposto trovasi in pessimo stato, ed è indecentissima tanto più che questi popolani sono disposti a concorrervi colle loro fatiche conoscendone l'estrema necessità" (Ibidem). La lettera indirizzata a Lorenzo Biale, vescovo di Ventimiglia, è sottoscritta dal parroco Filippo Garaccioni, dal vicesindaco Gio. Battista Viale, dal tesoriere Giacomo Conte, dal consigliere Pietro Antonio Conte, e da Pietro Amalberti, Pietro Taggiasco, Luigi Angelo Soldano, Pietro Antonio Amalberti, Giacomo Amalberti e Onorato Molinari.
 
(30) "non potendo farli pagare dal signor Manuel Gismondi perché il di lui nipote signor Varese che me ne somministraria il mezzo si è allontanato in questi mesi da Roma ed è venuto in Porto Maurizio, da dove non ritornerà se non a novembre, non potrei spedirli sul momento se non prendendo una cambiale da un banchiere. Ma facendo ciò dovrei perdere il 30 o il 40 per cento di sconto" (Ibidem).
 
(31) "Nei scorsi mesi mi parve poco prudente consegnarlo a chichesia perché cadendo forse per qualunque fortuito avvenimento in potere del Governo della Repubblica Romana avrebbe rivelata l'esistenza di una somma di denaro in deposito a pro della Chiesa che i Ministri della Repubblica si sarebbero fatto un pregio di appropriarsi sull'istante" (Ibidem).
 
(32) "che se non riedificata possa venir ristorata ed ingrandita almeno tanto quanto basti a contenere questa popolazione ognor crescente" (Ibidem).
 
(33) Ibidem. Bartolomeo Parodi, presso il quale il vescovo suggerisce di depositare la somma destinata alla costruzione della chiesa, è uno dei maggiori finanzieri genovesi dell'epoca. Nel 1845 acquista il palazzo Lercari di Genova (via Garibaldi 3) ed è presidente della nuova Banca di Genova (dal 1850 Banca Nazionale).
 
(34) Ricordiamo che all'epoca 1 franco francese equivale a 1 lira nuova di Piemonte, infatti nel 1816 re Vittorio Emanuele I decide di passare al sistema decimale, abolendo la vecchia lira di venti soldi da dodici denari ciascuno, ordinando la coniazione di una nuova moneta di valore equivalente al franco francese chiamata lira nuova di Piemonte, adottata in tutti gli stati di terraferma (G. FELLONI, Monete e zecche negli Stati Sabaudi dal 1816 al 1860, in Archivio Economico dell'Unificazione Italiana, serie I, 1956, vol. II, fasc. 2, ora in ID., Scritti di Storia Economica, "Atti della Società Ligure di Storia Patria", n.s., XXXVIII, 1998, pp. 317-376).
 
(35) Transunto cit., p. 113. Fino alla prima metà del '900 Soldano, costruito in riva al torrente Verbone e attorniato da grandi piante di fico e olivo, è considerato un paese umido: "i lunghi tempi umidi nell'inverno, i quali aggiunti ai due piccoli torrenti fanno prendere al paese la fisonomia di una isola immersa nell'acqua" (Ibidem, p. 132); "Soldano, un villaggio dall'aspetto umido ed oscuro" (E. e M. BERRY, Alla porta occidentale d'Italia, trad. E. STÄUBLE, Bordighera 1963, p. 98, ed. orig., At the Western Gate of Italy, London 1931).
 
(36) Come si vede dal rilievo del Vinzoni del 1759 e dal disegno di William Scott del 1897 (in Rock villages of the Riviera, London 1898) all'epoca il Verbone scorreva più vicino alle case e la strada da Vallecrosia a Perinaldo passava all'interno del paese.
 
(37) Transunto cit., p. 113.
 
(38) Ibidem, p. 114.
 
(39) Ibidem.
 
(40) Ibidem.
 
(41) Circa 0,635 kg. Una libbra = 0,317664 kg. Cfr.: Tavole di ragguaglio degli antichi pesi e misure degli Stati di S.M. in Terraferma cioè pesi e misure del sistema metrico decimale, Torino 1849, p. 94.
 
(42) Transunto cit., p. 113. Il prezzo del pane era veramente caro se pensiamo che 6 soldi per due once corrispondono a circa soldi 9.6 al kg. (quasi mezza lira), quando il salario giornaliero di un muratore era mediamente L. 2,40 e quello di un manovale L. 1,50: cfr. G. FELLONI, Un secolo di salari edilizi a Genova 1815-1913, in "Movimento operaio e socialista", XI (1965), nn. 3-4, pp. 163-174, ora in ID., Scritti di Storia Economica ("Atti della Società Ligure di Storia Patria", n.s., XXXVIII, 1998), pp. 1217-1230.
 
(43) Transunto cit., p. 114.
 
(44) Ibidem.
 
(45) Da allora la campana grande si è rotta ed è stata rifatta un paio di volte; una volta fu fusa a Soldano nello spiazzo dove ora si trova l'ufficio postale, mentre quella che possiamo vedere oggi è del 1949.
 
(46) Transunto cit., p. 128.
 
(47) Ibidem, p. 129. Sul santuario della Madonna del Carmine: F. AMALBERTI, I 110 anni della chiesa della Madonna del Carmine di Soldano, Soldano 1995.
 
(48) Transunto cit., p. 129.
 
(49) "trascurate negli ultimi anni del contratto d'affitto dagli affittaiuoli, e affatto incolte ... si trovavano in pessime condizioni. La vigna, senza un palo e senza una vite, era ridotta ad un gerbido pieno di frane, e gli olivi sembravano secchi ... feci miglioramenti tali, che, mentre prima chi vedeva una campagna in disordine ed incolta diceva: sembra quelle del prevosto, ora invece deve dire il contrario, essendo gli oliveti parrocchiali additati come modelli di coltivazione razionale anche dal professor Calvino direttore della cattedra ambulante d'agricoltura di Porto Maurizio". (Ibidem, p. 128).
 
(50) Ibidem.
 
(51) Ibidem.
 
(52) Ibidem.
 
(53) In tali occasioni le funzioni si svolsero nell'oratorio di San Giovanni Evangelista, che attualmente avrebbe bisogno di urgenti interventi di restauro affinché non vada perso un patrimonio del paese.
 
(54) "Del resto sarebbe cosa degna di mettere una memoria in luogo publico, che ricordasse ai posteri il nome di questo benefattore. Se arrivassi a vedere finita la nuova chiesa in progetto vorrei farla mettere in sacristia, altrimenti i miei successori soddisferanno, lo spero a cotal mio desiderio" (Transunto cit., p. 106) e "questo benefattore io vorrei ricordare ai posteri in perpetuo apponendovi una lapide in suo nome nella chiesa, quando fosse edificata" (Ibidem, p. 112).